Recensione: "Le stanze buie" di Francesca Diotallevi

Titolo: Le stanze buie
Autrice:Francesca Diotallevi
Pagine: 390
Prezzo di copertina: 22 euro
Editore: Mursia

Sinossi:
Torino 1864. Un impeccabile maggiordomo di città viene catapultato nelle Langhe: per volere testamentario di un lontano zio, suo protettore, dovrà occuparsi della servitù nella villa dei conti Flores. Il protagonista si scontra così con il mondo provinciale, completamente diverso da quello dorato e sfavillante dell'alta società torinese, e con le abitudini dei nuovi padroni e dei loro dipendenti. Nella casa ci sono un conte burbero, una donna eccentrica e anti-conformista, ma anche sola e infelice, un cameriere dalla doppia faccia e una vecchia che sa molte cose, ma soprattutto c'è una stanza chiusa da anni nella quale non si può assolutamente entrare. A partire da questo e da altri misteri il maggiordomo si troverà, suo malgrado, a scavare nel passato della famiglia per scoprire segreti inconfessati celati da molto tempo e destinati a cambiare per sempre la sua vita.



Dicono che leggi un buon romanzo quando, voltata l'ultima pagina, senti d'aver perso un amico. Ecco, non mi sono sentita proprio così; la tristezza c'è stata, accompagnata però dal sollievo. Mi mancava sentirmi così, mi mancava leggere di notte quando la casa è silenziosa e sei sola con te stessa ed il libro che hai in mano, rilassata al pensiero che non importa nient'altro in quel momento perché domani è un altro giorno e le mille cose che ti stanno col fiato sul collo se ne staranno lì ancora per un po'. Tregua. E poi, il cervello a due velocità: un emisfero elabora le parole facendo prender loro vita, l'altro, inconsciamente, ripensa a tutte le correlazioni possibili fino a quando le stanze buie assumono connotati proprie a loro stesse soltanto e non c'è più paragone che tenga. Vittorio Fubini non è Mr Stevens e la sua dignità da maggiordomo, non è il colpevole designato di un tipico giallo, è solo un uomo alla scoperta di sé stesso e della vita; la vita, Lucilla, luce eterna che illumina il cammino, essenza di spezie e vento, sale e neve, una colomba ferita a cui hanno strappato le ali che se potesse, volerebbe. Mi sono ritrovata messaggera di questo amore, custode interinale di pagine vissute, piene di messaggi ammirati, da passare presto ad altri perché lo siano a loro volta; così dovrebbe essere per tutte le cose belle, che sono una gioia per sempre, da condividere per incrementarne il valore. Testimone di un bene superiore, un dono, un talento straordinario espresso palesemente in  maniera mirabile per un esordio travolgente e già maturo, quello di Francesca Diotallevi, non ci si può che augurare che la storia si ripeta ed il cerchio, spezzato questa volta per lasciar liberi i fantasmi di riposare e consentire infine un ultimo volo, non si chiuda, dando luogo ad altre vite, altre storie. Abbi cura di splendere. 

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